Il Mani, la Mani, il Maina? Vi racconto il nostro viaggio in questa zona selvaggia della Grecia
Ed è così che per caso sono capitata in questa strana regione del Peloponneso che si chiama Mani. Per gli amanti delle definizioni geograficamente da Kalamata a Porto Kagio. Per noi amanti dei viaggi semplicemente un tuffo al cuore. Una regione aspra e deserta, poche indicazioni, molte esclusivamente in greco, strade poco battute, pochi chilometri che possono diventare infinitamente lunghi.









Perché il paesaggio è bello tanto, perché il blu del mare è infinito e ti sovrasta, perché ogni angolo è una cartolina. Allora devi necessariamente fermarti per uno scatto, un video o semplicemente per guardare giù, davanti all’orizzonte. E devi godertelo comodo, lento, senza fretta e su una panchina. Perché in Grecia, fronte mare c’è sempre una panchina per farti godere la bellezza, anche nei posti più improbabili in mezzo al nulla, la panchina è una certezza. Non è un caso che siano ovunque perché le panchine greche non sono semplici sedili a cui appoggiarsi ma sono un modo di pensare, racchiudono quella filosofia di vita che ti invita alla bellezza del mondo e del cuore. Fateci caso, nulla come guardare il mare seduto su una panchina, ti rimette in pace col mondo.
Tra Kytries e Kardamili prima, tra Limeni e Porto Kagio poi, le panchine ci hanno invitato, noi non abbiamo resistito, diciamo che non ci siamo fatti pregare, le abbiamo accontentate quasi tutte sempre lentamente assecondando la loro natura e la nostra. Circa 7 ore per fare 40 chilometri ribattezzando spiagge bellissime con nomi di fantasia, perdendoci nella cittadella fantasma di Vathia, pranzando alle tre di pomeriggio in una taverna per strada in cui eravamo gli unici ospiti insieme ad una immancabile famiglia di gattini.