Si scrive Mani ma si legge cuore

Il cuore spesso è nascosto nei posti meno scontati, tra i tavoli di una taverna surreale in mezzo al nulla, tra i sorrisi e gli occhi azzurri di qualcuno che cucina al momento per te quello che ha e che a fine pasto ti regala una bottiglia d’acqua che “fa caldo, serve sempre”… Cioè, ce l’ha detto in greco e con un sorriso, ma si è fatta capire.
Dopo due ore ci siamo alzati con il leitmotiv da quando siamo arrivati… “Siamo un attimo in ritardo ma vabbé chi ci corre dietro?” Ma due ore ad un posto così non gliele vuoi dedicare? Una soddisfazione alla signora che ha fritto gli zucchini con 40 gradi non gliela vuoi dare?

Allora siamo stati lenti, abbiamo preso il ritmo e ci siamo fatti sorprendere ad ogni angolo di questa fetta di Grecia. Ed è stato un susseguirsi di wowwww con tante di quelle w che non basterebbe una pagina.
Quando pensavamo di aver visto il blu che di più non si poteva, il Mani ci ha stupiti con l’azzurro in tutte le sue sfumature e in tutto il suo infinito.

Dall’alto del castello di Monemvasia non ci sono bastate le parole, una bellezza del genere ti toglie il fiato ti fa credere o almeno sperare per un momento che davvero ‘la bellezza salverà il mondo’.

E la forza della natura della foresta pietrificata, che trasuda storia e dove respiri i millenni passati… ma quanto siamo piccoli di fronte ai millenni? Quanto siamo piccoli di fronte a madre natura che modella e scolpisce il pianeta da così tanto tempo senza mai stancarsi? Sotto un sole che non ci ha concesso nulla, un paio di strade sbagliate, qualche tentativo di accesso quanto mai fantasioso, l’abbiamo trovata, attraversata e ce la siamo scolpita negli occhi dal primo all’ultimo fotogramma e fossile.

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